Astrologia è una parola scaturita dall’incrocio delle radici greche: Astrôn, che evoca stelle e costellazioni, e logos, il discorso, il linguaggio. Una disciplina, dunque, che si proclama come il linguaggio degli astri. Ma potrebbero gli astri veramente comunicare? Avrebbero messaggi da trasmettere all’umanità? Conforme a una tradizione antica, ogni campo del sapere si biforca in due dimensioni: quella quantitativa e quella qualitativa.
La dimensione quantitativa: lo scienziato scrutina la natura, cercando di scovare le leggi che la regolano. Questo è il dominio delle scienze moderne, che offrono una comodità materiale innegabile.
La dimensione qualitativa: mentre lo scienziato indaga la causa fisica del fenomeno osservato, il sapiente cerca di comprendere la sua ragione d’essere. Qual è il significato di ciò che osserva? Dopo aver studiato il percorso degli astri (astronomia), può prevedere la prossima eclissi. Ma se l’erede al trono dovesse nascere durante un’eclissi, avrebbe questo un significato? Questa coincidenza significherebbe qualcosa? Lo scienziato comprende perché l’eclissi si manifesta in una determinata data. Resta da capire perché il delfino è nato proprio durante tale fenomeno celeste.
Un tempo, la saggezza e la scienza coesistevano nell’unico essere che cercava di rispondere a queste duali indagini. Oggi, il saggio e lo scienziato sono individui distinti, con interessi divergenti. Non senza una venatura di ironia, un iniziato francese scriveva alla fine del secolo scorso queste parole: “Il libro che mi avete dato da studiare riposa sul camino, a due metri quarantanove centimetri dal tavolo su cui mi trovo. Pesa cento quarantanove grammi e otto decigrammi, è composto da trecento quarantadue foglietti di carta su cui sono stampati duecento novanta caratteri tipografici che hanno consumato cento novanta grammi di inchiostro nero”. Questa è la descrizione quantitativa del libro. Non una parola sul “perché” del libro, sul perché è stato scritto, sul perché si è preso la briga di redigerlo, stamparlo e assemblarne le pagine. Il messaggio che veicola, forse, avrebbe potuto essere stampato su un libro di formato differente, forse in un’altra lingua, senza per questo alterare il suo significato. Se questo esempio vi ha strappato un sorriso, sappiate che l’astrologo prova la stessa frustrazione quando apre un moderno libro di astronomia e legge la descrizione del Sole o di Saturno redatta da un autore che ne constata la posizione, la massa, il volume, la velocità ed altre caratteristiche fisiche. Non cercate il motivo per cui gli antichi attribuirono il nome di Venere o di Saturno a questo o quel pianeta. Tale domanda sembrerebbe indecorosa per l’autore.
E fu così che venne intesa l’alchimia, la cui dimensione quantitativa talvolta trattava dello stesso oggetto della nostra chimica contemporanea. Dal bagnomaria all’alkali, le scoperte chimiche degli alchimisti furono numerose. Ma non suscitarono in loro grande interesse. L’adepto non cercava la trasmutazione dei metalli per suo interesse personale. Considerava la creazione dell’oro come un obiettivo minore. Il successo di queste operazioni di laboratorio testimoniava del vero obiettivo; la sua propria trasmutazione. Divenendo egli stesso la Pietra Filosofale, avendo proceduto alla sua propria rigenerazione, poteva creare una pietra più concreta che trasmutasse i metalli al contatto.
E fu così che venne compresa la magia, la cui dimensione più elevata (la teurgia egizio-greco-romana) manipolava poteri materiali o sottili per annientare metodicamente le impurità che ricoprivano la scintilla divina che dimora in ognuno di noi. La scintilla divina è andata dimenticata, oggi rimangono solo la fisica, scienza delle energie naturali, e la psicologia, studio dei meccanismi mentali. Platone riporta che sul frontone del tempio di Apollo a Delphi era inciso il motto: “Conosci te stesso e conoscerai l’universo e gli dei”. La scienza quantitativa ha potuto leggere solo “Psicanalizza il tuo ego”. L’universo e gli dei sono stati occultati.
E fu così che venne compresa l’astrologia, la cui dimensione quantitativa aspira alla comprensione dei cicli planetari, alla valutazione della distanza degli astri ed altre caratteristiche fisiche. Ma ogni fenomeno celeste veicola anche una ragione d’essere, un significato per il suo osservatore umano. Originariamente, le due dimensioni erano unite. I termini astrologia ed astronomia erano intercambiabili. Essi lo sono ancora nella percezione di molte persone. Le seguenti citazioni ricordano questa dualità dell’antica scienza degli astri. Secondo un testo indiano: “Coloro che vedono nel Sole solo una sfera e ignorano la vita che l’anima, coloro che vedono il cielo e la Terra come due mondi separati e non conoscono nulla della coscienza che li governa, possiedono dell’universo una conoscenza molto limitata. Una scienza che studia solo la parte inerte delle cose e non si interessa della vita che le anima, la coscienza che le abita, è incompleta e non porta ad una comprensione reale della loro natura”. In uno dei lavori fondamentali della metafisica ebraica, Maimonide ricordava che: “Le sfere celesti sono viventi e ragionevoli, voglio dire esseri che percepiscono, è una cosa vera e certa, che non sono dei corpi morti, come lo credono gli ignoranti”.
Nato in Egitto e morto in Italia, Plotino (205-270) esponeva come ogni organo del corpo è in corrispondenza con gli altri. Con il solo esame dell’occhio, un iridologo contemporaneo può recuperare una moltitudine di informazioni su tutti gli altri organi. Allo stesso modo, uomo ed astro non sono per il nostro filosofo che due organi di un medesimo corpo: il cosmo. Uomo ed astro sono in simpatia. L’uomo informa sull’astro e l’astro informa sull’uomo. Lo studio di uno o l’altro di questi organi dell’universo ci informa su tutti gli altri organi e sull’universo nel suo complesso: “Gli astri somigliano a delle lettere scritte in ogni istante nel cielo, o che, dopo essere state tracciate, sarebbero in movimento continuo, in modo tale che, pur ricoprendo un’altra funzione nell’universo, avrebbero tuttavia un significato. È così che, in un essere animato da un principio unico, si può giudicare di una parte per un’altra: considerando, per esempio, gli occhi o qualche altro organo di un individuo, si conosce quale è il suo carattere, a quali pericoli è esposto, come può evitarli. Così come le nostre membra sono parti del nostro corpo, ugualmente noi, nella nostra totalità, siamo parti dell’universo. Le cose sono, quindi, stabilite una per l’altra. Ogni cosa è ricolma di segni, ed il saggio può leggere una cosa da un altra […] tutto ha una dipendenza reciproca. Tutto tende ad un unico scopo, non solo per ogni individuo le cui parti sono legate perfettamente insieme, ma, ancor prima e ad un più alto grado, nell’universo. Occorre un principio unico per rendere un certo essere molteplice, per farne l’animale uno ed universale.
Per molti, l’unità dell’universo è soltanto una semplice ipotesi filosofica. Ma ogni persona impegnata in una via iniziatica o che indaga la psicologia del profondo non cessa di percepire, e di fare l’esperienza di coincidenze significative, indizi concreti di questa unità.